diritto di famiglia

Il risarcimento del coniuge tradito ed il danno endofamiliare

diritto di famiglia

Risarcimento del coniuge tradito e danno endofamiliare

Il coniuge tradito, qualora ne esistano i presupposti, può avere diritto al risarcimento dei danni.

La Corte di Cassazione è arrivata a riconoscere al coniuge tradito il diritto al risarcimento del danno in quanto la violazione degli obblighi coniugali è idonea ad integrare un vero e proprio illecito civile, considerata la natura giuridica, oltre che morale, dei doveri derivanti dall’unione.

La Corte di Cassazione ha evidenziato che i doveri che derivano dal matrimonio non sono esclusivamente di carattere morale, ma hanno anche natura giuridica.

La Corte di Cassazione ha precisato che la violazione dei doveri coniugali non trova necessariamente la propria sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma può anche, ove ne sussistano tutti i presupposti secondo le regole generali, integrare gli estremi di un illecito civile. Per ottenere il risarcimento dei danni, però, non è sufficiente la semplice violazione dei doveri matrimoniali, e neppure la pronuncia di addebito della separazione.

Nel caso dell’infedeltà va dimostrato che questa per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge, lesione che dovrà essere dimostrata anche sotto il profilo del nesso di causalità, oppure se l’infedeltà per le sue modalità abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell’offesa di per sé insita nella violazione dell’obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto.

La violazione di uno dei doveri del matrimonio comporta, come unica e naturale conseguenza, solo l’addebito e non è quindi dovuto alcun risarcimento del danno. Quindi, se un coniuge tradisce l’altro, se va via di casa, se non contribuisce alle spese o al ménage domestico non deve risarcire l’ex per il suo comportamento colpevole e per la sofferenza causata dalla separazione.

L’unico caso, molto raro, in cui è riconosciuto un risarcimento del danno in caso di separazione è quando si sia violato un diritto fondamentale della persona dell’ex coniuge, come il diritto alla reputazione o all’integrità fisica, ad esempio il coniuge che tradisce l’ex e lo fa in pubblico, in modo che tutti lo sappiano, così ledendo la sua reputazione, oppure chi picchia violentemente la moglie procurandole delle lesioni in quest’ultimo caso ci saranno anche gli estremi del reato di lesioni. 

Diversamente il danno endofamiliare consiste nella domanda di risarcimento dei danni, proposta da un familiare nei confronti di altri componenti della famiglia, per comportamenti pregiudizievoli ritenuti lesivi della propria personalità.

A fronte di condotte poste in essere in violazione di obblighi genitoriali e coniugali, integranti lesioni che si ripercuotono sui diritti fondamentali della persona, come ad esempio la dignità e il decoro, è possibile esperire il rimedio generale di tutela previsto dall’art. 2043 del codice civile che recita “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Il tema della responsabilità civile in ambito familiare è stato ampiamente discusso in dottrina e giurisprudenza già a partire dagli anni ’90, e sono susseguite varie decisioni di merito e di legittimità che hanno consentito di affiancare il risarcimento del danno ingiusto agli altri istituti preposti a difesa della famiglia, come ad esempio l’obbligo di versare un assegno divorzile all’ex coniuge ed il sequestro dei beni.

Inizialmente fu difficile ammettere che potesse fare ingresso questo tipo di responsabilità nell’ambito familiare, questo perché l’ordinamento collegava alla violazione dei doveri matrimoniali delle precise e tipiche conseguenze, mostrando di voler precludere l’ingresso di altre possibili forme di tutela in favore della vittima.

Sembrava incoerente riconoscere l’esistenza di un danno da separazione o di un danno da divorzio, considerato che la legge riconosce ad ogni individuo il diritto di separarsi e di porre fine all’esperienza matrimoniale con definitiva recisione del vincolo originario.

I profondi mutamenti che hanno interessato il diritto di famiglia, tuttavia, hanno posto fine all’idea che i familiari, in ragione di siffatta qualità, possano godere di un’immunità tale da sottrarli ad ogni responsabilità risarcitoria e che, nel contempo, la vittima di determinati comportamenti lesivi, proprio perché familiare, possa godere di minori tutele ed essere soggetta a menomazioni della propria dignità, della propria personalità e delle proprie aspirazioni.

Il definitivo riconoscimento della responsabilità civile all’interno delle mura domestiche è stato, poi, reso possibile dal progressivo affermarsi della privatizzazione della famiglia, intesa come luogo di promozione, sviluppo e tutela della personalità individuale, ciò ha consentito di ritenere il soggetto, danneggiato da comportamenti lesivi della sua personalità, legittimato a proporre l’azione di risarcimento dei danni, poiché anche nell’ambito della famiglia ci sono dei diritti inviolabili che necessitano di essere protetti.

Rientrano nel danno endofamiliare quei comportamenti che sono lesivi della dignità e dell’onore o della reputazione di un coniuge, come ad esempio i comportamenti violenti, discriminatori o sleali che ledano la persona stessa e la sua integrità psicofisica, i casi di mancata assistenza materiale.

Anche nei rapporti con i figli possono rientrare forme di illecito endofamiliare, come ad esempio, i comportamenti di completo disinteresse verso la prole, danni arrecati nella sfera patrimoniale del figlio per non aver potuto egli godere del mantenimento, dell’istruzione e dell’educazione che il genitore inadempiente avrebbe dovuto garantirgli, oppure ai comportamenti volti ad ostacolare gli incontri con l’altro genitore che integrano una lesione dei diritti del genitore e del figlio.

La violazione dei doveri coniugali o genitoriali, pertanto, qualora comporti la lesione di diritti costituzionalmente protetti, come la salute fisica e psichica, l’integrità morale, la dignità, l’onore e la reputazione, può costituire un illecito civile risarcibile ai sensi dell’art. 2059 del codice civile, ed in questi casi, bisognerà effettuare una approfondita analisi per valutare la possibilità di chiedere un indennizzo, per evitare di presentare in giudizio domande di risarcimento danni con scarse possibilità di accoglimento.

Pareri discordanti vi sono in materia in quanto la Corte di Cassazione aggiunge che l’azione non è impedita dal fatto che i coniugi siano addivenuti a separazione consensuale e la separata azione per il risarcimento dei danni prodotti dalla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e riguardanti diritti costituzionalmente protetti è esperibile anche in mancanza di addebito della separazione. (Sentenza 19193/2015)

Mentre il Tribunale di Roma (sentenza 25 giugno 2015) ha preso le distanze da tale orientamento, affermando che non può essere accolta la domanda di risarcimento danni per violazione dei doveri coniugali se non c’è stata una pronuncia di addebito della separazione.

Secondo il Tribunale di Roma non può escludersi un rapporto di accessorietà tra addebito e domanda risarcitoria: trattandosi di danno derivante dalla violazione di specifici obblighi coniugali il medesimo dovrebbe essere necessariamente azionato nell’ambito del giudizio di separazione, con conseguente preclusione di un’azione successiva che potrebbe astrattamente porsi in contrasto con il giudicato già in precedenza formatosi sulla separazione.