diritto di famiglia
Abbandono del tetto coniugale
Quando il matrimonio attraversa una crisi si dovrebbe sempre cercare di dialogare con il coniuge in modo civile, cercando di chiarirsi.
Se il rapporto dovesse risultare irrecuperabile e si pensa di allontanarsi da casa per andare a vivere altrove con l’espressione “abbandono del tetto coniugale” si intende l’allontanamento di un coniuge con o senza figli dalla casa familiare, mettendo fine alla coabitazione matrimoniale, uno degli obblighi previsti dal legislatore e che nasce dal vincolo matrimoniale.
Il comportamento del coniuge che si allontana dal tetto coniugale, senza motivo, può in alcuni casi venire sanzionato dal codice civile con il cosiddetto “addebito”.
In alcuni casi però l’allontanamento viene considerato legittimo, perché si è in presenza di determinate situazioni, come ad esempio a causa di comportamenti violenti da parte di un coniuge che mettono in pericolo l’incolumità fisica e psichica dell’altro coniuge, oppure in caso di infedeltà, di invadenza da parte dei parenti, la mancanza di intesa sessuale ed il comportamento autoritario di un coniuge.
Il coniuge che abbandona il tetto coniugale deve dimostrare la sussistenza di una delle cause sopra scritte che giustifichi l’allontanamento, provando che lo stesso sia conseguenza di una intollerabilità della convivenza e che a causa della stessa si è dovuto agire con l’abbandono. Le conseguenze dell’abbandono del tetto coniugale, possono essere civili e penali.
In relazione al profilo civile, il coniuge che abbandona il tetto coniugale senza una “giusta causa” viola i doveri coniugali stabiliti dall’articolo 143 del codice civile, esponendosi al rischio di vedersi addebitare la separazione, con le relative conseguenze, come ad esempio la perdita del diritto all’assegno di mantenimento.
In relazione al profilo penale il comportamento dell’abbandono del tetto coniugale potrebbe configurare il reato sancito dall’articolo 570 del codice penale rubricato “violazione degli obblighi di assistenza familiare”, a norma del quale: “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da Euro 103,00 a Euro 1.032,00″.
In merito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 12310/2012, ha stabilito che perché si possa dire configurato il reato è necessario che l’allontanamento “risulti ingiustificato e connotato da un disvalore etico e sociale”.