diritto di famiglia
Affidamento esclusivo dei figli
Ad un affidamento condiviso un genitore può opporsi e richiedere, tramite apposito ricorso, un affidamento esclusivo.
Il giudice può disporre, applicando quanto recita l’art. 337-quater, l’affidamento dei figli ad un solo genitore, qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro genitore sia contrario all’interesse dei figli minori.
Qualora invece il giudice ritenga che la domanda di affidamento esclusivo risulti chiaramente infondata, può valutare in modo negativo, ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, il comportamento del genitore che ha presentato l’istanza, questo anche per evitare che vengano esperite azioni giudiziarie prive di fondamento.
Il genitore a cui sia stato riconosciuto l’affidamento esclusivo dovrà esercitare la responsabilità genitoriale sui figli e si dovrà attenere alle condizioni stabilite dal giudice, ma, salvo diverse disposizioni, restano in capo ad entrambe i genitori le decisioni di maggiore interesse per i figli.
In definitiva anche quando viene disposto l’affidamento esclusivo in capo ad un genitore, all’altro non viene precluso il ruolo genitoriale in quanto conserva il diritto ed il dovere di vigilare sull’educazione e sull’istruzione dei figli minori, e se ritiene che siano state prese decisioni pregiudizievoli per l’interesse dei figli può anche ricorrere al giudice chiedendo una revisione delle disposizioni dell’affidamento dei figli.
Infatti, i genitori, qualora siano subentrate delle nuove situazioni e condizioni, hanno sempre il diritto di chiedere, tramite apposita istanza, la revisione delle disposizioni stabilite dal giudice sull’affidamento dei figli, questo solo e sempre tenendo conto del maggior interesse per i figli stessi.
In alcuni casi, il codice civile nell’art. 315 bis, prevede che i figli stessi possano essere ascoltati in tutte le questioni e le procedure che li riguarda, quindi, anche quando si discute del loro affidamento.
L’esistenza del diritto all’ascolto del minore è ribadita dall’articolo 366-bis, il cui primo comma recita: “il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato”.
La norma precisa inoltre che è il giudice che conduce l’ascolto, con l’aiuto di esperti o altri ausiliari mentre la partecipazione di genitori, difensori delle parti, curatore speciale del minore e P.M. è possibile solo previa autorizzazione del giudice.
La legge sull’affidamento condiviso, tenuto conto dell’assoluto interesse morale e materiale dei figli minori, affida al giudice il compito di determinare i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando inoltre la misura e il modo con cui ciascuno genitore deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli.
Il potere del giudice, risulta oggi molto forte e non è più limitato alla determinazione del solo diritto di visita, ma tuttavia trova un limite importante nell’obbligo giudiziale di “prendere atto” degli accordi intervenuti tra i genitori. Il dovere di “prendere atto” degli accordi dei genitori, viene meno qualora l’organo giudicante rileva un contrasto con l’interesse dei figli.