diritto di famiglia
Assegno divorzile
In questa pagina si espone brevemente che cosa è l’assegno divorzile, e quali sono le differenze principali tra l’assegno di divorzio e l’assegno di mantenimento.
L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei coniugi di versare periodicamente una somma di denaro all’altro coniuge, che non ha mezzi economici adeguati, o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
Il Tribunale, quando pronuncia a sentenza di divorzio, secondo le disposizioni dell’art. 5 della legge 898/1970, cosiddetta legge sul divorzio, determina anche la misura dell’assegno divorzile, tenendo conto di diversi fattori, ma principalmente tenendo conto del reddito dei due coniugi, la durata del matrimonio e le ragioni della decisione.
Il versamento dell’assegno in genere è mensile, ma in alternativa può avvenire in un’unica soluzione, ed in tal caso può avvenire anche con l’assegnazione di un bene. L’assegno divorzile è una delle principali conseguenze di carattere patrimoniale del divorzio, dato che proprio con il divorzio il giudice stabilisce l’eventuale diritto di uno dei coniugi di percepirlo.
L’assegno di mantenimento invece è il contributo economico che viene corrisposto da uno dei coniugi prima del divorzio, cioè a seguito della separazione personale dei coniugi, pertanto in una fase ancora transitoria del rapporto. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11504/2017 ha messo ancor più in risalto la differenza tra l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.
Tale sentenza con riferimento all’assegno di divorzio ha affermato che il criterio di liquidazione non può essere quello del mantenimento del tenore di vita avuto in costanza del rapporto coniugale, in quanto sarebbe in contrasto con la natura stessa del divorzio.
La Corte di Cassazione con tale sentenza spiega che il divorzio estingue un rapporto matrimoniale e pertanto se si determinasse l’assegno divorzile in base al tenore di vita avuto in costanza di matrimonio si finirebbe per ripristinare tale rapporto “in una indebita prospettiva, per così dire, di ultrattività del vincolo matrimoniale”.
L’assegno divorzile è un diritto di credito imprescrittibile, irrinunciabile ed indisponibile che un ex coniuge vanta nei confronti dell’altro, fino al momento in cui il beneficiario stesso passi a nuove nozze oppure l’obbligato muoia.
Come anticipato in precedenza, l’art. 5, comma 6, legge n. 898/1970 prevedeva, che nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione di uno dei due coniugi, si doveva tener conto anche di una serie di elementi, da un lato l’impossibilità di procurarseli per motivi di salute o per la difficoltà di trovare una occupazione nel mercato del lavoro in quel dato momento storico e contesto sociale e, dall’altro lato, l’eventuale protrarsi di una convivenza more uxorio, dalla quale derivi un miglioramento delle condizioni economiche del coniuge più debole.
Dopo la sentenza n. 11504/2017 emessa dalla Corte di Cassazione si è modificata anche la modalità di valutazione dell’autosufficienza economica del coniuge più debole, ed a tale riguardo la Corte di Cassazione ha indicato quattro indici di prova per stabilire se il coniuge più debole sia o meno autosufficiente, ovvero:
• il possesso di redditi di qualsiasi specie
• il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari e/o immobiliari
• le capacità e le effettive possibilità di lavoro personale dell’ex
• la stabile disponibilità di una casa di abitazione.
E’ possibile chiedere al giudice in qualunque momento la rideterminazione dell’assegno divorzile, qualora sopravvengano consistenti variazioni dei rispettivi redditi. Infine, va evidenziato che l’ordinamento ha posto alcune speciali forme di garanzia a tutela di questo peculiare diritto di credito, in aggiunta ad altre eventuali forme che il giudice può sempre disporre, come ad esempio l’iscrizione di ipoteca su un immobile dell’obbligato, il pignoramento dei beni o il pignoramento dello stipendio.
L’assegno divorzile, inoltre, può essere pagato direttamente anche da terzi, ed al riguardo è data al beneficiario la possibilità, senza ricorrere al giudice, di chiedere direttamente al datore di lavoro dell’ex coniuge obbligato l’accredito dell’importo spettante, ed avviando addirittura un’azione esecutiva nei confronti del datore stesso in caso d’inadempimento.